Pubblichiamo di seguito la lettera aperta ad Avvenire del Marina Casini Bandini (Presidente del Movimento per la Vita italiano) pubblicata sabato 07 Luglio.
“La condanna di un medico non abortista. Ingiusta obiezione all’obiezione di coscienza.
Caro Direttore,
la condanna del ginecologo obiettore di coscienza pronunciata dal Tribunale di Genova si inserisce nell’attuale attacco irrazionale, antimoderno e contraddittorio contro gli obiettori. Non è difficile scoprirne la ragione. È la stessa per cui il Comune di Roma ha ordinato la rimozione del manifesto che riproduceva la fotografia di un bambino non ancora nato ed è la stessa che incontriamo nelle censure e nelle menzogne sulla vita nascente. La «congiura contro la vita» (l’espressione è di san Giovanni Paolo II) rifiuta lo sguardo sul concepito e pretende di imporre tale rifiuto a tutta la società fino a violare il diritto fondamentale alla libertà di coscienza e di pensiero. Rispetto a questa strategia il medico obiettore è molto pericoloso, perché è una persona che conosce meglio di ogni altro la verità scientifica. Egli perciò va fatto tacere, persino condannandolo al carcere se rende testimonianza in favore della dignità umana del concepito.
Tale comportamento è irrazionale perché nessuno osa affermare negli atti più solenni della società (Costituzioni, leggi e sentenze) che il concepito non è un essere umano. Bisogna soltanto rifiutare lo sguardo su di lui. Ciò è contraddittorio perché contrasta con l’universale apprezzamento dell’obiezione di coscienza in altri campi, come la sperimentazione sugli animali, e soprattutto contrasta con l’obiezione nel campo del servizio militare obbligatorio. È il caso di rileggere la sentenza costituzionale n. 467 del 1991 che abolì il reato di renitenza alla leva e cioè il rifiuto di indossare la divisa militare con la seguente motivazione: «Delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all’uomo come singolo, ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, non può darsi una piena ed effettiva garanzia […] senza che sia stabilita una correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata dell’uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale-culturale e il fondamento di valore eticogiuridico […] la coscienza individuale ha rilievo costituzionale quale principio che rende possibile la realtà delle libertà fondamentali dell’uomo e, quale regno delle virtualità di espressione dei diritti inviolabili del singolo nella vita di relazione, essa gode di una protezione costituzionale».
Si noti il collegamento con i diritti umani fondamentali dei quali, il diritto all’obiezione di coscienza è considerato la base. Nella nostra Costituzione l’art. 54 considera sacro il dovere del cittadino difendere la patria, l’art.11 afferma il rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie. Inoltre, l’uso delle armi per uccidere è del tutto eventuale e non immediato, l’esercito è utilizzato sempre per aiutare le popolazioni in difficoltà nel caso di catastrofi come terremoti e inondazioni.
Eppure l’obiezione di coscienza è stata ammessa senza limiti. È davvero assurdo contrastare l’obiezione quando essa manifesta il rifiuto di contribuire a uccidere un essere umano innocente, e più povero dei poveri secondo l’espressione di santa Teresa di Calcutta. Leggeremo la sentenza che speriamo sarà cancellata in grado di appello. Intanto viene in mente il proverbio: ‘È ladro chi ruba e chi regge il sacco’. Ogni forma di collaborazione con l’aborto è una forma di complicità. Ciò è tanto più evidente quando l’interruzione di gravidanza effettuata in un ospedale viene eseguita secondo un protocollo che preventivamente regola ogni atto passo che porta all’«intervento interruttivo» ed è a questo connesso. L’aborto non potrebbe avvenire senza la garanzia che il protocollo sia rispettato. Perciò, realizzare anche solo un aspetto delle procedure implica un concorso causale nell’evento di morte provocata.”
Presidente Movimento per la Vita italiano