Favor familiae, uguaglianza e bene comune
Nei giorni scorsi una proposta di legge regionale presentata dalla maggioranza, diretta a garantire aiuti e condizioni di preferenza per le coppie sposate con riguardo alla erogazione di prestazioni e servizi pubblici, ha generato accese polemiche, incentrate soprattutto sulla temuta violazione del principio di uguaglianza e sul rischio che la scelta legislativa possa trascurare le tante “emergenze povertà” che il nostro territorio registra.
Ferma la necessità di valutare, articolo per articolo e voce per voce, la proposta di legge al fine di verificare la ragionevolezza dei singoli “privilegi” che essa garantirebbe alle coppie sposate, la scelta della Regione, se portata a compimento, sarebbe davvero coraggiosa e costituzionalmente orientata: per la prima volta – forse in Italia, certamente in Liguria – un’amministrazione territoriale avvierebbe dopo oltre sessant’anni, l’attuazione dell’articolo 31 della Costituzione, che prevede “misure economiche ed altre provvidenze” per agevolare la formazione della famiglia fondata sul matrimonio e l’adempimento dei suoi compiti. E’ un articolo che le associazioni familiari, e il Forum che le riunisce a livello nazionale e con unità locali in tutte le regioni d’Italia, da oltre vent’anni tenacemente invoca.
Esso esprime il c.d. “favor familiae”, instaurato dai nostri Costituenti per bilanciare, con un trattamento in qualche modo remuneratorio, il valore e la funzione sociale che la famiglia stabile svolge a proprie spese: essa, infatti, fonda legami intra e intergenerazionali di reciproca solidarietà e responsabilità e garantisce la procreazione ed educazione dei nuovi cittadini nel loro contesto naturale che, grazie alla presenza del padre e della madre, è il più adeguato a garantire i loro diritti (come ci ha confermato la convenzione ONU dei diritti del fanciullo del 1989). Ciò non significa che i bambini nati fuori dal matrimonio non siano adeguatamente accuditi ed educati dai loro genitori, né che debbano essere discriminati dalle istituzioni rispetto ai bambini nati nel matrimonio (una recente legge nazionale ha dissipato ogni dubbio al riguardo, completando il percorso di parificazione delle due situazioni). Neppure significa che debbano essere trascurate le necessità dei nuclei familiari monoparentali o fondati sulla convivenza afflitti da problemi economici.
Significa, invece, che i costituenti sapevano bene che la famiglia naturale stabile è la formula più efficace per prevenire la povertà delle persone ed al contempo garantirne la libertà, sicché hanno previsto che lo Stato investisse sulla famiglia non indigente per preservarne la salute, anche economica, e garantirsi la restituzione degli investimenti, con abbondanti interessi, a vantaggio dell’intera collettività.
Così, oltre al sostegno alla crescita occupazionale ed alle misure di contrasto alle povertà già emergenti, è fondamentale adottare anche strumenti di sostegno alla stabilità dei legami familiari. Qualche esempio? L’incoraggiamento dei giovani a scegliere il matrimonio per costituire le loro famiglie; l’offerta di servizi di prevenzione e terapia dei contrasti coniugali e familiari; il favore per la solidarietà intergenerazionale; il rafforzamento delle competenze genitoriali; gli strumenti di conciliazione lavoro/famiglia; il coinvolgimento delle famiglie e delle loro associazioni nella programmazione delle politiche sociali e familiari; il finanziamento dei progetti che nascono dall’associazionismo o dalle reti informali di famiglie.
Concludendo, quindi, una legge che desse attuazione all’art. 31, come i saggi costituenti ci hanno insegnato, risponderebbe alla pressante esigenza di ripresa della crescita demografica della nostra Regione e del nostro Paese ed avvierebbe anche, a tempo quasi scaduto, un importante percorso di prevenzione delle povertà e delle dipendenze dalle misure assistenzialistiche, per preservare le libertà di tutti, la coesione sociale ed il bene comune.
Anna Maria Panfili